Vivian Lamarque

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Il signore nel cuore

Le era entrato nel cuore.
Passando dalla strada degli occhi e delle orecchie le era entrato nel cuore.
E lì cosa faceva? 
Stava.
Abitava il suo cuore come una casa.


                                        

Il signore della buonanotte

Da un letto lontano con tutta la migliore stessa buonanotte
gli augurava.
C’era la luna?
Oh sì la luna e anche le mille stelle, più le fronde degli alberi e le
addormentate acque, con tutto tutto buonanotte gli augurava.
E il signore sentiva?
Sì, il signore piano piano sentiva, mentre si addormentava.


                                        

Il signore sognato

Splendidissima era la vita accanto a lui sognata. 
Nel sogno tra tutte prediletta la chiamava.
E nella realtà?
La realtà non c’era, era abdicata.
Splendidissima regnava la vita immaginata.


                                        

Il signore d’oro

Era un signore d’oro. Un signore d’oro fino, zecchino.
Per il suo carattere duttile e malleabile, per il suo caldo dorato
colore, per il luccichio dei suoi occhi, era un signore molto
ricercato.
I corsi dei fiumi venivano deviati, i fondali scandagliati e setacciati,
ma i signori che affioravano brillavano poco, erano signori 
pallidi, opachi, non erano d’oro vero, erano signori falsi.
Non avevano aurifere vene?
No, le loro lente vene scorrevano quasi del tutto essiccate in 
direzione dei loro minuscoli cuori, a fatica.
E dov’era il signore d’oro vero?
Lontano, in una casa assolata, pigro e paziente, aspettando di
essere trovato, in un angolino, il signore d’oro luccicava.


                                        

Il signore nell’aria

Alle ore venti ognuno tornava alla sua casa.
Non avevano una stessa casa?
No, ma nell’aria sì.
Nell’aria?
Sì, a destra e a sinistra nel mezzo dell’aria avevano una stessa
casa. Con le porte e le finestre gli uccelli le cene le voci e il riposo.
Non i colori?
Sì, colori splendenti erano appesi nei quadri nell’aria della casa.


                                        

La signora non gelosa


Una signora che stava diventando gelosa non lo diventò.
Nemmeno un po’?
Sì, un po’ sì ma pochissimo, come un solletico al contrario che
invece di far ridere manca poco a piangere.


                                        

Il signore puntino

Non potendolo vedere sempre, quando infine poteva vederlo lo
guardava moltissimo, fino all’ultimo minuto, fino all’ultimo
secondo, e anche dopo si voltava indietro, si voltava indietro.
Il signore diventava sempre più piccolo, ormai era quasi del
tutto irriconoscibile, eppure lei lo riconosceva benissimo,
anche sottoforma di minuscolo puntino laggiù.


                                        

La signora parasole

Come nel famoso quadro, ma non lui a lei, lei a lui teneva il
verde parasole. 
Era un parasole speciale.
Chi stava lì sotto era protetto da tutti i mali del mondo.
La signora stava ben attenta a coprire perfettamente tutto il
signore, a non lasciarne fuori, in pericolo, nemmeno un pezzetto.


                                        

Soldati

Problema: 
se ne morirono congelati seimila
solo tra Natale e l’Epifania
quanti ne morirono 
in tutto?


                                        

All’ultimo esame

Se sono stati capaci tutti
sarò capace anch’io
nessuno è stato bocciato
tantomeno quaggiù rimandato
(magari essere rimandati sfuggire!)
capaci tutti proprio tutti,
di morire.


                                        

Alla luna

Oh essere anche noi la luna di qualcuno!
Noi che guardiamo
essere guardati, luccicare
sembrare da lontano
la candida luna
che non siamo.


                                        

Poesie 1972-2002 di Vivian Lamarque – Oscar Mondadori