Dice di sé …
“Preferisco esprimermi metaforicamente. Lasciatemi sottolineare: metaforicamente, non simbolicamente. Un simbolo contiene in sé un significato definito, una certa formula intellettuale, mentre la metafora è un’immagine. Un’immagine che possiede le stesse caratteristiche distintive del mondo che rappresenta. Un’immagine – al contrario di un simbolo – ha un significato indefinito. Non si può parlare del mondo infinito applicando strumenti definiti e finiti. Possiamo analizzare la formula che costituisce un simbolo, mentre la metafora è un essere-dentro-sé, è un monomio. Cade a pezzi ad ogni tentativo di toccarlo. “
“L’arte invece si rivolge a tutti nella speranza di produrre un’impressione,
di essere, prima di tutto, sentita, di suscitare uno sconvolgimento emotivo e di essere accettata, di soggiogare l’uomo non con qualche inconfutabile argomento razionale, bensì con quell’energia spirituale che l’artista ripone in essa. […]
L’arte esiste e si afferma là dove esiste quell’eterna e insaziabile nostalgia della spiritualità, dell’ideale, che raccoglie gli uomini attorno a essa”.
All’inizio del suo film “Lo specchio” viene recitata una poesia di suo padre che qui riportiamo
Arsenij Tarkovskij, Primi incontri |
“Ogni istante dei nostri incontri lo festeggiavamo come un’epifania, soli a questo mondo. Tu eri più ardita e lieve di un’ala di uccello, scendevi come una vertigine saltando gli scalini, e mi conducevi oltre l’umido lillà nei tuoi possedimenti al di là dello specchio. Quando giunse la notte mi fu fatta la grazia, le porte dell’iconostasi furono aperte, e nell’oscurità in cui luceva e lenta si chinava la nudità nel destarmi: “Tu sia benedetta”, dissi, conscio di quanto irriverente fosse la mia benedizione: tu dormivi, e il lillà si tendeva dal tavolo a sfiorarti con l’azzurro della galassia le palpebre, e sfiorate dall’azzurro le palpebre stavano quiete, e la mano era calda.Nel cristallo pulsavano i fiumi, fumigavano i monti, rilucevano i mari, mentre assopita sul trono tenevi in mano la sfera di cristallo, e – Dio mio! – tu eri mia.Ti destasti e cangiasti il vocabolario quotidiano degli umani, e i discorsi s’empirono veramente di senso, e la parola tu svelò il proprio nuovo significato: zar.Alla luce tutto si trasfigurò, perfino gli oggetti più semplici – il catino, la brocca – quando, come a guardia, stava tra noi l’acqua ghiacciata, a strati.Fummo condotti chissà dove. Si aprivano al nostro sguardo, come miraggi, città sorte per incantesimo, la menta si stendeva da sé sotto i piedi, e gli uccelli c’erano compagni di strada, e i pesci risalivano il fiume, e il cielo si schiudeva al nostro sguardo…Quando il destino ci seguiva passo a passo, come un pazzo con il rasoio in mano. ”Primi incontri (Pervye svidanija, in A. Tarkovskij, Poesie scelte , Milano 1989), traduzione di G. Zappi |