Josif Brodsky

Brodskij, nel libro “Il canto del pendolo” e presentando la poetica dell’Achmatova…

“Per tutta la vita di un uomo il tempo si rivolge a lui usando i linguaggi più diversi: quello dell’innocenza e quello dell’amore, i linguaggi della fede,dell’esperienza, della storia, della stanchezza, del cinismo, della colpa, della decadenza, eccetera. Fra tutti, il linguaggio dell’amore è senza dubbio la ”lingua franca”. Il suo vocabolario assorbe ogni altra lingua, e il suo
manifestarsi, per quanto inanimato possa essere, gratifica il soggetto. Inoltre,attraverso questo suo manifestarsi, il soggetto acquista una dignità verbale,una dignità ecclesiastica, quasi sacra, echeggiando sia il modo in cui noi percepiamo gli oggetti delle nostre passioni sia le idee che la Bibbia ci tramanda su ciò che è Dio. L’amore è essenzialmente un atteggiamento che
l’infinito assume verso il finito. L’inverso si traduce in fede o in poesia .”

e ancora in “Conversazioni” (Adelphi, a cura di Cinthia L. Haven) …

«Quando leggi le opere dei grandi poeti hai la sensazione che non stiano più rivolgendosi alla gente, o a qualche creatura serafica. Quello che stanno facendo, in realtà, è rispondere alla lingua, in termini di bellezza, sensualità, saggezza, ironia, vale a dire quegli aspetti della lingua che il poeta riflette come uno specchio limpido.
La poesia non è un’arte, o una branca dell’arte, è qualcosa di più. Se la parola è ciò che ci distingue dalle altre specie, allora la poesia – l’operazione linguistica per eccellenza —è il nostro scopo antropologico. Chiunque consideri la poesia alla stregua di intrattenimento, di “lettura”, commette un crimine antropologico, in prima istanza contro se stesso».

a cura di Alfredo Poli

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