Nino Pedretti

IL MAESTRO – monologo incompleto

Vi dico subito che fare l’insegnante vero e proprio non mi piace per niente. Io faccio infatti l’insegnante quasi di nascosto e delle volte mi pare di rubare la paga. Ho fatto i conti, viste tutte le circolari, ed ho capito come, in proporzione, sono divisi, nei vari meriti, i centesimi della paga. Cinquantacinque centesimi per la lettura di circolari e tenuta del registro. Trenta centesimi per buona condotta e silenzio, che fa ottantacinque centesimi. Il resto va dato per otto centesimi alla puntualità e sei centesimi per la lettura delle riviste didattiche. Rimane così un centesimo da assegnarsi alla capacità d’invenzione e all’iniziativa. Ecco, io ho deciso di guadagnarmi come meglio posso, meritatamente, un centesimo della paga. E’ quasi certo tuttavia, che mi cacceranno per scarso rendimento. Mi hanno affidato una seconda elementare con facoltà d’insegnare l’inglese perché è la mia madre lingua essendo nato tanti anni fa in Pennsylvania da genitori emigrati. Ma io invece d’insegnare la grammatica insegno cos’è la notte. Bisogna capire com’era la notte centocinquanta anni fa se da grandi si vuole leggere Coleridge. Poiché la notte di una volta non c’è più, noi l’abbiamo fabbricata. Siamo andati nel capannone della serra e l’abbiamo coperto tutto con stracci e carta nera chiudendo ogni minima fessura. In quel buio assoluto abbiamo messo in libertà una lucciola. E così abbiamo fatto la notte. Poi ho parlato del sole, come si fa a catturare il sole. Me l’ha insegnato un mio amico che vive gran parte dell’anno in una capanna. Lui ha forato tutte le pareti del vano in modo che il sole arriva ora attraverso i buchi con quella lieve coda di polvere che gli dà sostanza. Quando piove o tira vento chiude con dei turaccioli i fori per restare all’asciutto. Tutto questo l’ho messo in programma. Mi piace anche parlare della pioggia. Do anche degli esercizi. Per esempio, d’estate quando piove, sdraiarsi su un tetto con in testa un panno nero lasciando completamente libero il corpo e respirando forte col naso. Trascrivere nel quaderno quello che si sente, pioggia e rumori. La pioggia sulle gambe, la pioggia sulla sabbia, sui tetti, sulle grondaie, sui sassi. Un altro argomento che mi piace molto sono gli odori. Odoriamo le cose, poi cataloghiamo gli odori e ci mettiamo dei nomi in inglese. Mi sono convinto che le lingue si imparano col corpo. Ho chiesto un giorno allo scolaro Ernesto: “ Quando vento senti nella parola vento?”. Lui mi ha risposto che sentiva poco vento e così ho concluso che non sapeva ancora la parola vento in inglese. Si impara la parola FUOCO perché c’è il fumo che riempie il naso e pizzica nella gola e negli occhi e …

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