Al Cane randagio

Nei primissimi anni del Novecento in Russia si erano sviluppate molte correnti poetiche di avanguardia che seguivano con interesse, ma anche con autonomia, i movimenti culturali dell’Europa occidentale. In particolare il simbolismo russo aveva raggiunto risultati poetici di grande valore e aveva preparato in letteratura un terreno su cui il futurismo poteva facilmente attecchire, come avvenne nel resto d’Europa.

Sulle orme dei simbolisti, i futuristi russi trasformarono la vita quotidiana in teatro. I simbolisti avevano «teatralizzato» i loro rapporti reciproci. I futuristi portarono questo teatro «domestico» in strada. Malevic passeggiava per le strade con un enorme cucchiaio di legno all’occhiello. Majakóvskij sfoggiava una camicia giallo vivo, indicato come colore ufficiale del futurismo. I futuristi si tingevano la faccia, disegnandosi fiorellini sulle guance e dipingendosi d’oro il naso. Guadagnavano cifre ragguardevoli anche con le scioccanti discussioni teatrali, che attiravano frotte di curiosi

Zeverzéev (importante collezionista d’arte) organizzò uno di questi dibattiti nel novembre 1912 al teatro Tróickij delle miniature, da lui creato e finanziato. Fu uno dei primi teatri di questo genere a Pietroburgo. L’arte dell’avanguardia, respinta dalle istituzioni ufficiali, aveva accesso al pubblico sulla scena del teatro Tróickij (e in piccoli teatri simili), e anche nei cabaret semi privati del tipo “Al cane randagio”. Il direttore del teatro Tróickij era Aleksàndr Fókin, fratello del coreografo, un personaggio pittoresco, ex campione di automobilismo, A Zeverzéev venne raccomandato un giovane poeta e artista sconosciuto ma molto promettente che voleva tenere una conferenza sulla poesia russa contemporanea. Lo portarono da Zeverzéev, piacque al mecenate e così il debutto del diciannovenne Majakóvskij a Pietroburgo avvenne sotto l’egida della Sojùz molodèzi (unione della gioventù) Alto e bello, Majakóvskij scioccò il pubblico affermando con la sua voce vellutata che «La parola va spermatizzata» e che in pittura, come nelle altre arti e in letteratura, bisogna essere «calzolai». Come lo scioccò un amico di Majakóvskij, il poeta futurista Alekséj Krucènych, che portava un cuscino da divano intorno al collo perché, spiegava, «scrivere e leggere gli risultassero più scomodi, molto più che avere stivali pieni di grasso o un camion in salotto”.

Tra il capodanno del 1912 e la primavera del 1915, a pochi metri dalla Prospettiva Nevskij, un seminterrato semi nascosto di un edificio che apparteneva in origine ai gesuiti, ospitò la generazione di poeti, artisti, teatranti più all’avanguardia dell’epoca. Il locale era “Al cane randagio”. Qui Majakovsky, nel 1912 proclamò pubblicamente i suoi primi versi “a voi, che vivete di orgia in orgia…”.

Oltre ad ascoltare poesie, declamate come cani randagi senza padrone, si poteva assistere a spettacoli di avanguardia, conferenze, mostre di miniature persiane, ecc. In tanto clamore spiccava la figura malinconica della Achmatova, l’”Angelo Nero”. La granda poetessa, incapace di credere fino in fondo ad un futuro radioso della nuova umanità, sembrò preannunciare la tragedia della prima guerra mondiale che ridusse al silenzio tutti i “cani randagi”. Il locale venne chiuso infatti nel 1915. L’avanguardia artistica ritrovò però nuovo sprone durante i primi anni della Rivoluzione Bolscevica, lasciando un segno indelebile nella storia dell’arte contemporanea. Il locale è stato riaperto nel 2001, oggi vi si svolgono persino, ma non solo, spettacoli erotici (ahinoi!) ma vale comunque una visita per rimirare le foto di tutti i suoi famosi avventori.

Qui altre fotografie sul “cane randagio”